Gli accessi venosi periferici nel Dipartimento di Emergenza

 
Peripheral Vascular Catheter Access in the Emergency Department: A Policy Statement 
(Documento approvato dal Consiglio Direttivo Nazionale SIMEU il 21/04/2018)
 
Comitato Scientifico
  • Andrea Fabbri (Forlì) – Coordinatore 
  • Gian Alfonso Cibinel (Pinerolo) – Coordinatore
  • Marcello Pastorelli (Siena)
  • Rodrigo Lopez (Siena)
  • Giuseppe Pepe (Viareggio) 
  • Stefano Paglia (Lodi)
  • Davide Giustivi (Lodi)
  • Silvia Tedeschi (Pinerolo)
  • Andrea Magnacavallo (Piacenza) 
  • Alessandro Riccardi (Savona)
  • Nicoletta Acierno (Savona)
  • Silvia Leoni (Forlì)
Contenuto
  • Introduzione
  • Sinossi
  • Quesiti e indicazioni
  • Presidi
  • Anatomia e supporto ecografico
  • Presidi
  • Farmaci
  • Percorsi di cura
  • Disposizione
Cronoprogramma
26/03/18: Invio delle relazioni sui temi specifici e risposte alle 5 domande a Gian Cibinel e Andrea Fabbri
09/04/18: Meeting Milano con predisposizione del policy statement e invio della bozza a tutto il gruppo
18/04/18: ritorno della bozza corretta (da parte dei sottogruppi) a Gian Cibinel e Andrea Fabbri
21/04/10: CDN SIMEU: Presentazione del policy statement per l’approvazione
30/04/18: Invio del “policy statement” approvato a tutto il gruppo per eventuali osservazioni
30/05/18: Versione definitiva
25/05/10: Congresso Nazionale SIMEU
Presentazione del policy statement 
Moderatore: Andrea fabbri
Relatori: Gian A. Cibinel e Davide Giustivi

Introduction

I cateteri venosi periferici (PIVCs) sono il dispositivo di accesso vascolare più utilizzato, circa nel 90% dei pazienti ricoverati. [1]. Nella pratica clinica, vengono impiegati per un periodo di tempo limitato, per infusioni di sostanze a basso rischio lesivo, ma anche per infusioni di farmaci particolarmente irritanti per l’endotelio vascolare. La durata in sede del dispositivo, anche ben posizionato, pur rispettando le caratteristiche del vaso e del sito cutaneo di inserzione (exit-site), è spesso al centro di discussioni. Le linee guida INS ed una revisione Cochrane [2] ne raccomanderebbero la rimozione “quando clinicamente indicato oppure all’insorgenza di segni o sintomi di complicanze”[3], contravvenendo altre linee guida che prevedevano invece la sostituzione sistematica entro 72 ore dal posizionamento. Nella pratica clinica tuttavia il funzionamento dei cateteri venosi periferici risulterebbe gravato di complicanze nella sede di inserimento anche in tempi inferiori rispetto a quanto indicato in particolari in pazienti ad elevato profilo di rischio.4
In Italia nel 2016 risultano 8.692.371 dimissioni ospedaliere[4] nel corso delle quali si stima un impiego di circa 32.8 M di PIVCs[5]: un numero così elevato, risulterebbe dipendente dalla facilità di inserimento del dispositivo, dalla diffusione nel setting ospedaliero e dal basso costo. Per quanto riguarda l’area del Dipartimento di Emergenza Accettazione (DEA) risultano visitati nel 2014 19.182.432 pazienti, (3.759.040 con codice Rosso (emergenza in corso) e Gialli (casi con urgenze). Risulterebbe che 382.431 casi (10.2%) resterebbe in cura presso i locali di Pronto soccorso per >24 ore, nella stragrande maggioranza dei casi con un accesso venoso ottenuto dopo uno o più tentativi (2,18)[6]. Tale osservazione sembrerebbe indicare la difficoltà di incannulamento venosi in questo “setting”, con percentuali variabili dal 35% al 50%4e conseguenze sfavorevoli sia sotto il profilo del trattamento farmacologico che del costo sanitario. Le complicanze più frequentemente rappresentate sarebbero lo stravaso ematico (23,9%), l’occlusione del catetere (18,8%), la flebite successiva (15,4%), il dislocamento del dispositivo (6,9%), l’infezione locale (0,2%)4
Gli accessi in vene periferiche profonde rappresenterebbero una soluzione facile e sicura, versatile e confortevole, che se ottenuta potrebbe ridurre significativamente le complicanze, aumentando efficacia ed efficienza del percorso di cura al paziente. Si tratta di accessi a breve termine, con possibilità di rimanere in situ per un periodo fino a 30 giorni. Un accesso in vene profonde consentirebbe inoltre la somministrazione di terapia attraverso un’unica via venosa, durante tutto il periodo di ricovero, (media generale per l’area medica 6.9 giorni per patologie acute5) possibilità di prelievi ematici dalla stessa linea, grazie alla particolare struttura. Successivi vantaggi sarebbero rappresentati inoltre dalla possibilità di somministrazione ad alta pressione di MDC per indagini radiologiche, d’infusioni di soluzione “all-in-one”, avendo integrato in un unico sistema, ago, filo guida e catetere, offrendo quindi la possibilità di collocarlo con la tecnica AST (Tecnica di Seldinger accelerata) e di utilizzarlo in modo pulito, senza le misure di barriera tradizionali, necessarie per posizionare altri tipi di dispositivi che prevedono l’inserimento di guide all’interno del vaso, infine di un accesso “clean” senza eco-guida con riduzione del rischio di infezioni. Da considerare infine la possibilità si dispositivi “safety” con chiusura passiva del sistema che permette all’operatore di evitare la puntura accidentale e la contaminazione biologica.
Un recente gruppo multidisciplinare di esperti, coordinato dal Ministero della Salute, ha presentato una bozza di documentosulle principali linee guida e raccomandazioni internazionali con obiettivo di valutarne l’applicazione nella realtà italiana.
Il Centro Studi e Ricerche SIMEUattraverso il giudizio di alcuni esperti del settore propone di aprire una discussione sul tema “accessi vascolari periferici in emergenza” al fine di ottenere una posizione di consenso su alcuni quesiti ritenuti importanti, ma sui quali la letteratura scientifica è insufficiente. Tale posizione di consenso del gruppo tecnico sarà in seguito sottoposta al giudizio del Consiglio Direttivo Nazionale SIMEU per approvazione come “policy statement”. 
Obiettivo del gruppo di lavoro è stato: 1) identificare i quesiti clinici fondamentali sul tema accessi vascolari periferici 2) fornire una posizione di consenso in merito alle indicazioni.
 
[1] Fernandez-Ruiz M, Carretero A, Diaz D, et al. Hospital-wide survey of the adequacy in the number of vascular catheters and catheter lumens. J Hosp Med 2014;9:35–41.
[2] Webster J, Osborne S, Rickard CM, New K. Clinically-indicated replacement versus routine replacement of peripheral venous catheters. Cochrane Database Syst Rev . 2013;(4):CD007798. doi:10.1002/14651858.CD007798.pub3
[3] The 2016 Infusion Therapy Standards of Practice. Gorski LA. 
[4] http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_2651_allegato.pdf(Rapporto attività di ricovero ospedaliero SDO 2016)
[5] iData Research “European Vascular Access Device 2017 iData”
[6] Improving Patient Outcomes through CQI: Vascular Access Planning Barton, Amy J. PhD, RN*; Danek, Gale PhD(c), RN; Johns, Paula MSN, RN; Coons, Mary MSN, RNJournal of Nursing Care Quality: December 1998 – Volume 13 – Issue 2 – pp 77-85The Clinical Impact Of Cost Reduction

Sinossi

 

AMBITO
CONFINI
VALUTAZIONI
RESPONSABILE
 
Setting
PS – Medicina d’Urgenza
 
Gruppo
Pazienti
Età > 14 aa 
 
Gruppo
Arco temporale di impiego
Fino a 72 h
Oltre 72 h
Oltre 4 w
 
Gruppo
Sede puntura
Arti
Collo
 
Gruppo
Vasi
Venosi periferici superficiali arti
Giugulare esterna
Giugulare interna
 
Gruppo
Devices primari
Cannule corte (<8 cm)
Cannule lunghe (8-15 cm)
·      ARCHITETTURA
·      Cannula sull’ago
·      Cannula nell’ago
·      Seldinger  e simili
Paglia
Magnacavallo
 
 
·      MATERIALI e TOLLERANZA
 
 
·      PORTATA e TENUTA
 
 
·      COSTI
Indicazioni
DEVICES PRIMARI
Cannule vs aghi
Cannule corte vs lunghe
Cannule vs CVC-PICC-midline
·       
 
 
 
       PERCORSO DI CURA 
·      [priorità e complessità]
  • Alta intensità – specificazione per patologie (ictus, SCA, sepsi, politrauma)
  • Media intensità
  • Bassa intensità
Pepe
Pastorelli
 
 
·      ANATOMIA
·      Vene superficiali adeguate
·      Vene superficiali inadeguate
Cibinel
 
 
·      FARMACI e PRODOTTI
·      No terapia infusionale
·      Terapia infusionale
Riccardi
 
 
·      DISPOSIZIONE
·      No ricovero
·      Ricovero
·      .  Area critica
·      .  Degenza ordinaria
Fabbri
Supporto tecnologico eco
 
·       
Cibinel

 Quesiti clinici e indicazioni all’impiego

 

 
QUESITI
INDICAZIONI
1
Quali pazienti che giungono in PS non richiedono una via venosa?
–       Percorsi a bassa priorità/intensità (basso rischio evolutivo, limitato impiego di risorse, bassa complessità assistenziale)
–       Assenza di indicazioni a terapia parenterale / infusionale
In caso di prelievo per esami di laboratorio la prima scelta è l’accesso venoso estemporaneo con ago metallico
2
In quali pazienti è indicato il posizionamento di una cannula venosa corta? (<5 cm)
INDICAZIONI
–       Necessità di rapido accesso al sistema venoso (situazioni di emergenza-urgenza con indicazioni diagnostiche o terapeutiche)
–       Necessità di somministrare alti volumi di fluidi
CONDIZIONI
–       Vasi visibili/palpabili
–       Profondità <1.0 cm
3
In quali pazienti considerare il posizionamento di una cannula venosa lunga? (> 7.5  cm)
–       Profondità >1.0 cm
–       Terapie continue o intermittenti con previsione di durata > 72 h
4
Quando è da considerare il supporto ecografico per gli accessi venosi periferici?
–       Vasi non visibili / non palpabili
–       Vasi danneggiati (chirurgia/radioterapia pregressa, abuso di sostanze per via e.v., precedenti accessi venosi multipli, pregresse trombosi superficiali)
–       Storia di accessi venosi difficoltosi
–       2 tentativi infruttuosi di accesso con metodica tradizionale alla cieca
5
In quali pazienti è indicato il posizionamento di un catetere venoso centrale? (con accesso periferico o centrale)
–       Pazienti con indicazioni a FARMACI o SOLUZIONI potenzialmente lesivi sull’endotelio: Osmolarità >500 (per i farmaci) o >900 (per le soluzioni), pH < 5  o > 9, effetto dannoso diretto (infiammanti, irritanti, esfolianti, vescicanti), amine vasoattive (inotropi e vasopressori)
–       Pazienti con indicazioni a MONITORAGGIO : PVC, saturazione O2 mista

I dispositivi

A cura di: Davide Giustivi, Andrea Magnacavallo, Stefano Paglia

Caratteristiche strutturali e di performance dei dispositivi per accesso venoso periferico

Introduzione
I dispositivi per accesso venoso periferico (PIV) sono molteplici, le caratteristiche fondamentali che li distinguono sono: calibro, lunghezza, portata, materiale, architettura del dispositivo, tecnica di inserimento facilità di utilizzo, sicurezza per l’operatore e costo. 
Il mix di tali caratteristiche ne determina le performance, fornendoci  indicazioni sull’utilizzo di ogni dispositivo.
 
Calibro
Il calibro può essere espresso in French (FR), che indica la dimensione esterna del dispositivo, (1 fr= 0.33 mm), oppure in G (Gauge), che indica il diametro interno del lume.
 

Diametro mm

FRENCH 1F=1/3mm

GAUGE  G

Diametro mm

FRENCH 1F=1/3mm

0.6

 

23

2.3

7

0.7

 

22

2.7

8

0.8

 

21

3.0

9

1.0

3

20

3.3

10

1.1

 

19

3.7

11

1.2

 

18

4.0

12

1.4

4

17

4.3

13

1.6

5

16

4.7

14

1.8

 

15

5.0

15

2.0

6

14

5.3

16

 
Alcuni dispositivi, riportano entrambe le misure. Per la maggior parte delle terapie infusionali, utilizzare un accesso di calibro tra 20G e 24G. I cateteri periferici di calibro superiore a 20G si associano ad un maggior rischio di flebite.([I][II][III][IV][V])
Prendere in considerazione accessi di calibro 22G-24G nei neonati, nei pazienti pediatrici e negli anziani, allo scopo di minimizzare il trauma da inserzione.(I II III IV[VI]). Preferire accessi con diametro più grande (16G-20G) ove occorra una rapida infusione di cristalloidi, ad esempio nei pazienti traumatizzati. Utilizzare accessi compatibili (es. Power resistant) per esami radiologici con mezzo di contrasto[VII], cannule corte fenestrate di 20G, o cannule standard 18G-16G (I II III IV VI)
Per le trasfusioni di sangue, utilizzare cannule di calibro compreso tra 20G e 24G, a seconda del calibro della vena: nel caso di necessità di trasfusioni rapide si utilizzino cateteri di calibro maggiore. I PIV sono in campo internazionale classificati secondo un codice colore che ne indica calibro e velocità di flusso, espresso in ml/min.

FABBRI FIG 1.jpg

In caso di utilizzo del supporto ecografico è opportuno valutare il calibro della vena, che dovrebbe essere superiore o uguale a 3 volte la dimensione esterna del device (rapporto VAD/Vein Ratio: 1:3)[VIII]. Si consiglia sempre di utilizzare il catetere venoso con il diametro esterno più piccolo possibile, con il minor numero di lumi, compatibilmente con la terapia prescritta. (Norme Generali INS 2016 26.3).

 
Portata
Si intende il volume di liquido che attraversa nell’unità di tempo la sezione del device, e viene espresso in ml/min. La lunghezza , le dimensioni , il materiale e la modalità di infusione (es. per gravità o mediante pompe infusionali, o elastomeri…) influenzano in modo significativo i flussi che il dispositivo può sostenere. Nella scelta del dispositivo, considerare il flusso massimo consentito e le necessità cliniche (es. rapido riempimento volemico), tenendo anche conto che il sito di inserzione, influenza la velocità di flusso ottenibile.
In caso d’indagini diagnostiche che prevedono infusione di MdC, è necessario utilizzare cannule corte di adeguato calibro (16-18 o 20G se fenestrate) o LPIV “power resistant”, che consentono l’infusione di liquidi ad alto flusso ed elevata pressione (alert FDA).[IX][X][XI]
 
Lunghezza
La lunghezza del dispositivo è espressa in cm.  In base alla lunghezza e la posizione della punta,  i cateteri venosi periferici (PIV) sono suddivisi in:
 
  • Periferici corti(PIV) di lunghezza fino a 7.5 cm, considerando che i dispositivi in commercio hanno una lunghezza raramente > 5 cm
  • Cannule lunghe(L-PIV): lunghezza tra 8-15 cm ed apice del dispositivo collocato in sede periferica prossimale
  • Midline: lunghezza compresa tra gli 8 ed i 20 cm ed apice del dispositivo localizzato in vena ascellare prossimale-succlavia. Per l’incannulamento di vene profonde oltre 1 cm, è mandatorio l’utilizzo di L-PIV o MidLine[XII], in quanto l’utilizzo di Cateteri corti (PIV), è gravato da un elevato tasso di dislocazione[XIII]. Le L-PIV e MidLine, inoltre, hanno una minore incidenza di flebite, se paragonate alle cannule corte.[XIV]
Materiali
I materiali utilizzati per la costruzione delle cannule dei dispositivi sono: Polietilene ( PE ), Teflon, Vialon (poliuretano di proprietà esclusiva), Poliuretano ( PUR ) e PEBAX. 
Le cannule in PVC e silicone, sono state quasi del tutto abbandonate per via dell’elevato tasso di complicanze relate. La scelta della tipologia di materiale, ha maggior impatto per le permanenze in situ oltre 48h[XV][XVI]: il Vialon è superiore al Teflon per riduzione delle complicanze. Vialon e il Poliuretano, non presentano sostanziali differenze in termini di incidenza di complicanze[XVII].  Il PE è tuttora utilizzato per la costruzione di alcune LPIV ma non vi sono evidenze consistenti sull’utilizzo per tempi superiori alle 72 ore. Nessun dato disponibile per PEBAX. Gli aghi in acciaio dotati di aletta (c.d. Butterfly) vanno utilizzati esclusivamente per somministrazione di farmaci in bolo e non per infusioni continue.Tali dispositivi non vanno lasciati in sede dopo l’uso.[XVIII](1-3,5)
Gli aghi ecorifrangenti, hanno una maggiore visualizzazione ecografica che può facilitarne il posizionamento. Il filo guida, sia integrato al sistema che esterno, ha solitamente una buona visibilità sotto visione ecografica.
 
Tecnica di inserimento
Per tecnica di inserimento, si intende la modalità con cui un dispositivo può essere inserito nel vaso “Over The Needle” (OTN) e “Trough The Needle” (TTN). La prima prevede che il catetere, o cannula, scorra sopra l’ago.Tale metodica, può generare un maggior trauma vasale durante l’inserimento, per accessi di grosso calibro[XIX]. La tecnica “ trough the needle “ prevede che la cannula (oppure un filo guida) scorrano all’interno dell’ago e può ridurre il trauma vasale al momento dell’inserimento. Varianti di questa metodologia, sono la tecnica di Seldiger[XX] diretta e quella modificata (MST[XXI], che prevede il posizionamento di un microintroduttore in cui verrà infilato il catetere). Esiste una variante ulteriore detta Seldinger accelerata (AST)[XXII], che consente l’utilizzo di dispositivi “all in one” [XXIII], che riducono le manipolazioni del sistema, implementandone la velocità di utilizzo.
 
Architettura del dispositivo 
Vengono definiti sistemi aperti i dispositivi in cui l’hub del catetere viene direttamente manipolato per l’utilizzo.
I sistemi chiusi, invece, sono quelli in cui è presente una prolunga integrata che allontana le manipolazioni del personale dal sito di venipuntura.
In letteratura si evidenzia una significativa riduzione di complicanze con l’utilizzo di sistemi a circuito chiuso[XXIV].
 
Sicurezza 
Occorre sempre scegliere, utilizzare o attivare dispositivi con meccanismi di sicurezza, sia in termini di protezione contro le punture accidentali, sia in termini di spandimento ematico post impianto. Tutti gli accessori delle linee infusionali, i connettori senz’ago e i set per infusione devono avereconnessioni luer-lock, per scongiurare il rischio di deconnessione accidentale (Standard50.1 INS 2016
L’utilizzo di accessori non luer-lock, riduce significativamente la sicurezza del dispositivo stesso (Norme Generali INS 2016 26.5)
 
Facilità di utilizzo 
La tecnica di inserimento cannula sull’ago risulta particolarmente agevole, ma gravata da maggior lesività per il vaso, quando il catetere è di grosso calibro.
La tecnica seldinger modificata presuppone un numero maggiore di passaggi operativi rispetto alla tecnica di seldinger tradizionale. La tecnica di seldinger accelerata (AST) si avvicina per semplicità di utilizzo alla cannulla sull’ago differenziandosi poco per quanto riguarda la lesività del vaso.  Le varie tecniche, prevedono una serie di differenti passaggi per ottenere l’incannulamento del vaso o veni-puntura, a seconda del dispositivo utilizzato:

 

Tecniche d’inserimento
 
Tecnica di inserzione
Diretta
OTN
Seldinger
MST
AST
Passaggi
1
3
7
9
4
Descrizione
Venipuntura
Venipuntura
Venipuntura
Venipuntura
Venipuntura
 
 
Introduzione cannula
Inserimento guida
Inserimento guida
Inserimento guida
 
 
Retrazione ago
Rimozione ago
Rimozione ago
Inserimento catetere
 
 
 
Inserimento dilatatore
Incisione cute
Retrazione ago e dispositivo
 
 
 
Rimozione dilatatore
Introduzione microintroduttore /dilatatore
 
 
 
 
Introduzione catetere
Rimozione guida e dilatatore
 
 
 
 
Rimozione guida
Introduzione catetere
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Peel away
 
 
 
 
 
Rimozione stiletto
 
 
I Costi  
Le caratteristiche strutturali dei vari dispositivi in commercio, implicano costi differenti 
Riteniamo fondamentale analizzare la tematica in termini di costo efficacia, cioè la capacità di raggiungere le performance richieste (adeguata permanenza in situ del dispositivo in base alla terapia prevista e basso tasso di complicanze) al minor costo possibile. 
Riteniamo che, applicare il “giusto” dispositivo al paziente, da subito, come nella realtà del Pronto Soccorso, rappresenti la miglior strategia possibile, per la riduzione dei costi.
Costi complessivi determinati, non solo dal dispositivo stesso, ma anche dal possibile aumento delle complicanze, dal numero dei dispositivi utilizzati, dal tempo impiegato dall’operatore per il riposizionamento e per la gestione delle complicanze.  
 
  Fabbri_FIG_2.jpg

Anatomia venosa superficiale

A cura di: Gian A. Cibinel, Silvia Tedeschi
 
Vene arto superiore
Metacarpali e dorsali della mano – superficiali, principali vene di drenaggio della mano
  • Mediane antibrachiali – superficiali, confluiscono nelle mediane del gomito, nella basilica e nella cefalica
  • Mediane del gomito – superficiali, confluiscono nelle vene basilica e cefalica
  • Basilica antibrachiale-brachiale (L 22-27 mm, D 8-10 mm) – superficiale, decorre sul lato ulnare dell’arto (dorsalmente nell’avambraccio), confluisce nella vena ascellare o nella vena brachiale mediale al terzo medio del braccio ad angolo acuto (dopo aver attraversato la fascia brachiale)
  • Cefalica antibrachiale-brachiale (L 35-40 mm, D 5-7 mm) – superficiale, decorre sul lato radiale dell’arto (dorsalmente nell’avambraccio) e nel solco deltoideo-pettorale, confluisce nella vena ascellare ad angolo retto davanti alla clavicola (dopo aver attraversato la fascia coraco-clavicolare)
  • Brachiali – profonde, satelliti dell’arteria brachiale, confluiscono tra loro e col la vena basilica a formare la vena ascellare (con rilevante variabilità)
Le vene superficiali dell’arto superiore non sono satelliti delle arterie, hanno un corredo valvolare limitato (inferiore a quello del circolo profondo), presentano numerose anastomosi superficiali e con il circolo profondo (senza valvole), drenano più sangue refluo rispetto al circolo profondo.
Oltre alle vene superficiali possono essere considerate per gli accessi vascolari con cannule corte o lunghe anche le vene brachiali (profonde).
 
Vene collo
  • Giugulare esterna – superficiale, confluisce nella vena succlavia retroclaveare
  • Giugulare interna – profonda, confluisce con la vena succlavia a formare la vena anonima
Per un accesso in urgenza con cannule corte o lunghe, può essere considerata anche la giugulare interna (profonda).
 

VASO

DIAMETRO

mm

FLUSSO

mL/m’

NOTE

Metacarpali

2.5

10

 

Mediane antibrachiali

4

10-20

 

Cefalica brachiale

5-7

20-40

 

Basilica brachiale

8-10

90-150

 

Brachiali

4-6

10-40

 

Giugulare esterna

6

20-40

 

Giugulare interna

16

150-300

 

 

Indicazioni al supporto ecografico e modalità operative

A cura di: Gian A. Cibinel, Silvia Tedeschi
 
Indicazioni al supporto ecografico 
  • Vasi non visibili / non palpabili
  • Vasi danneggiati (chirurgia/radioterapia pregressa, abuso di sostanze per via ev, precedenti accessi venosi multipli, pregresse trombosi superficiali)
  • Accesso difficoltoso: 2 tentativi infruttuosi con metodica tradizionale alla cieca
Modalità 
Sono da impiegare sonde lineari ad alta frequenza (> 7.5 MHz), possibilmente con area di appoggio sulla cute limitata (0.5 x 4 cm) e dimensioni contenute, a garanzia di una maggiore maneggevolezza. Lo schermo deve garantire una visibilità adeguata, con campo-immagine ideale ≥ 6” (15.2 cm). La tecnologia Doppler è consigliata, ma non indispensabile. L’esame ecografico preliminare ha l’obiettivo di identificare i vasi venosi e di valutarne profondità, calibro, decorso e pervietà; è opportuno riconoscere anche le arterie e strutture nervose, per evitarle durante la successiva procedura di accesso vascolare. 
I vasi venosi normali sono facilmente collassabili, anche solo con il peso della sonda (senza compressione); i vasi arteriosi si riconoscono per la comparsa di pulsatilità con la compressione moderata. La metodica Doppler permette di identificare il flusso pulsatile arterioso e il flusso fasico venoso, quest’ultimo aumentabile con la compressione distale.
L’esame ecografico preliminare è da eseguire con flusso libero, riservando il posizionamento di laccio emostatico alle situazioni in cui risulta difficoltosa la visualizzazione dei vasi venosi in condizioni basali, e alla successiva procedura di accesso.
Con l’esame preliminare è possibile definire, in base alla profondità e al calibro del “bersaglio” vascolare, il diametro e la lunghezza ottimali dell’ago-cannula da introdurre, considerando che il lume del vaso dovrebbe restare libero per almeno i 2/3 del diametro, che l’angolo di attraversamento dei piani superficiali dovrebbe essere < 45° e che almeno metà della cannula al termine della procedura è opportuno sia collocata all’interno del vaso; la cannula sostanzialmente dovrebbe e un diametro ≤ 1/3 rispetto al calibro del vaso.

Il supporto ecografico può essere limitato all’esame preliminare quando siano evidenziabili vasi venosi superficiali (profondità < 1 cm) e di calibro > 3 mm; in tali casi la procedura di accesso può essere eseguita anche a “cielo coperto”.

In tutte le altre situazioni è indicata la guida ecografica, che consiste nell’eseguire l’accesso con visualizzazione continua della punta dell’ago durante la procedura fino all’introduzione del presidio nel vaso.

I vasi possono essere visualizzati in sezione trasversa, longitudinale oppure obliqua; l’ago viene inserito ortogonalmente al piano di scansione (“out-of-plane”) se i vasi sono visualizzati trasversalmente, mentre l’inserimento avviene nel piano di scansione (“in-plane”) quando i vasi sono visualizzati in sezione obliqua o longitudinale.

La progressione dell’ago fino al vaso si realizza all’interno del piano di scansione nell’approccio “in-plane”; nell’approccio “out-of-plane” si procede invece con una variazione progressiva dell’orientamento del piano di scansione ecografico che “accompagna” la punta dell’ago fino al “bersaglio” vascolare.

Farmaci e fluidi 

A cura di: Alessandro Ricciardi
 
La scelta del dispositivo sulla base del farmaco da infondere 
Il tipo di farmaco o di soluzione da infondere può condizionare la scelta del dispositivo di accesso vascolare più appropriato per un paziente: esistono farmaci che presentano interazioni con il materiale di alcuni dispositivi, altri con potere lesivo sulle pareti venose periferiche, e altri ancora con un notevole potere di citotossicità in caso di fuoriuscita dal letto venoso. Il setting del Pronto Soccorso, però, presenta caratteristiche uniche: la lesività di alcuni farmaci, come l’amiodarone, viene resa secondaria dal grado di urgenza del paziente, e dalla somministrazione in vena periferica per un periodo limitato in attesa di una via centrale; inoltre la maggior parte dei problemi di incompatibilità di materiale interessa farmaci non utilizzati in Pronto Soccorso, come i chemioterapici.
Da un punto di vista generale, non tutti i pazienti afferenti in Pronto Soccorso necessitano di un incannulamento venoso periferico: sono i pazienti a bassa evolutività che non necessitano di alcuna terapia o che possono essere trattati per via orale; tuttavia, in determinate situazioni, alcune terapie parenterale possono essere somministrate per una via alternativa a quella venosa, come la via intra nasale (si pensi ad un paziente stabile con una frattura ossea che necessiti di terapia analgesica con fentanile). 
I pazienti che necessitano di una terapia parenterale più diversificata, o che presentano un rischio evolutivo necessitano invece di una via venosa. La tipologia di farmaci o di soluzioni da infondere possono condizionare la scelta della tipologia di accesso vascolare: i farmaci con pH  tra 5 e 9, e quelli con osmolarità inferiore  a 900 mOsm/L possono essere somministrati in via periferica. Una via periferica non dovrebbe essere utilizzata per somministrare infusioni protratte come:
–      soluzioni con elevata osmolarità (superiori a 900 mOsm/L), come le soluzioni parenterali, il mannitolo 20%, il glucosio 33%, il bicarbonato di sodio 5% o superiore;
–      farmaci con osmolarità superiore a 600 mOsm/L
–      soluzioni o farmaci venolesivi per pH acido (<5) o alcalino (>9)
–      farmaci vescicanti, necrotizzanti o esfolianti, come i chemioterapici, i farmaci con documentata e frequente segnalazione di danno tessutale come ad esempio il cloruro di calcio, il gluconato di calcio, la dobutamina, la dopamina, la noradrenalina, la prometazina, la vasopressina, e i farmaci con potenziale danno tessutale (amiodarone, fenobarbital, potassio superiore a 60 mEq/L, vancomicina).
Alcuni farmaci venolesivi e privi di un’indicazione assoluta alla somministrazione per via venosa centrale, però, possono essere somministrati in periferico grazie alla diluizione, che modifica pH e osmolarità; a seguire riportiamo il limite di concentrazione di alcuni farmaci per poterli utilizzare in vena periferica:
–      amiodarone > 2 mg / ml per > 1 h
–      aminofillina > 25 mg / ml
–      Calcio gluconato > 0.045 mmol/mL
–      dopamina > 3.2 mg / ml
–      Glucosio ≥ 10%
–      KCl > 0.08 mEq / ml
–      NaCl ≥ 3%
–      Mannitolo > 10%
–      Mg solfato > 0.4 mmol / ml
–      propofol 2%
Come accennato, è evidente che il setting della medicina d’emergenza-urgenza sia del tutto particolare, e un’infusione in bolo di calcio gluconato o di amiodarone in vena periferica, in un paziente instabile e ad alto rischio di evolutività, non deve essere rimandata per il timore di una venolesività.
 La scelta di una via venosa periferica corta o lunga viene presa basandosi sulla durata prevista della terapia:
–      vie venose periferiche corte > indicate per infusioni isolate, o per infusioni continue di breve durata, o per cicli parenterali di breve durata;
–      vie venose lunghe > quando è necessaria una terapia infusionale compatibile con l’infusione periferica, ma per periodi prolungati (indicativamente, superiore a 6 giorni), o quando è prevista una cura palliativa.
La necessità di infondere farmaci o soluzioni non compatibili con una via periferica rende necessaria una via centrale.

Percorsi di cura

A cura di: Marcello Pastorelli, Giuseppe Pepe
 
Il contesto clinico
La rete dell’emergenza-urgenza è in continua evoluzione tesa al miglioramento del concetto di “presa in carico”, in particolare in riferimento ai temi del triage, dell’accoglienza, dell’organizzazione dei percorsi interni. 
Il nuovo modello organizzativo per percorsi omogenei in PS, approvato in Toscana (DGRT N.806/2017), ispirato ai criteri ESI (Emergency Severity Index A Triage Tool for Emergency Department Care, 2012) ha rivisitato la funzione di triage, attualizzata in modo da orientare i pazienti verso percorsi interni al PS, verso risorse e presidi sanitari differenziati in base alla complessità clinica ed assistenziale. La modalità di presa in carico definisce fin dal primo contatto il percorso più idoneo per ciascun paziente, in modo tale da assicurare una gestione efficace dell’intera casistica che accede al PS. Tali percorsi si differenziano in base alle priorità cliniche e alle risorse necessarie per la gestione dei pazienti, alla previsione del presidio necessario ed adeguato, alla sua difficoltà di reperimento:
 
  • pazienti barellati vs pazienti deambulanti; 
  • pazienti con necessità di monitoraggio vs pazienti senza necessità di monitoraggio;
  • permanenza temporale <6 ore, 24-72 ore, > 72
  • accesso venoso “difficile”, utilizzo Eco guida vs alla cieca 
  • necessità di accesso venoso centrale vs PVC 
  • catetere venoso periferico tradizionale vs. catetere venoso periferico in una vena profonda 
  • puntura con ago vs PIVCs; PIVCs vs PICC
Il processo decisionale all’ingresso integra valutazioni di priorità clinica e di complessità assistenziale per indirizzare il paziente al percorso idoneo fin dal triage, facilitare lo scorrimento dei flussi, rendere adeguato il percorso di cura e adeguato l’eventuale trattamento infusivo.  
All’avvio del percorso diagnostico-terapeutico viene individuato l’ambito di trattamento più idoneo in base alle caratteristiche clinico-assistenziali del paziente ed al potenziale assorbimento di risorse, della necessità di accessi vascolari e del presumibile arco temporale di impiego.
La maggior parte dei percorsi clinico-assistenziali può essere ricondotta dunque a tre linee di attività a complessità crescente, che sono anche il setting virtuale di erogazione delle prestazioni in emergenza/urgenza. La scelta del percorso rappresenta l’esito di una combinazione di più valutazioni:
 
  • “condizioni cliniche e rischio evolutivo”, 
  • “assorbimento di risorse”,
  • “bisogni assistenziali”. 
All’interno del percorso omogeneo di cura, dalla combinazione delle tre dimensioni valutative e dalla previsione delle necessità quantitative di infusioni (massive/non massive; CVC vs PIVC) e temporali (<72ore), si può distinguere la tipologia di presidio venoso vascolare, più adeguata e efficiente. 
Ai tre percorsi clinico-assistenziali, corrispondono tre linee di attività a diversa complessità e, di conseguenza, macroaree specifiche, ciascuna con diverse caratteristiche strutturali, tecnologiche e di layout. Tutti i percorsi e i pazienti condividono l’area destinata al Triage – motore iniziale di tutti i percorsi – e l’area di Diagnostica che, a diversi livelli, sono comuni a tutte le linee di attività.
In sintesi nella scelta del device si deve inoltre tenere conto di molteplici variabili (vedi cap. prec. in esteso):  
 
  • necessità terapeutiche 
  • tipo di trattamento previsto (infusione continua o pulsata, pressione di infusione, a caduta o positiva, volume di soluzione infusa).
  • scelta della sede di impianto in base alla situazione anatomica, età, sesso. 
  • Rivalutazione dell’accesso
  • indicazioni del produttore. 
In qualunque setting particolare cura deve essere dedicata alla fase pre-procedurale (preparazione del campo, tipo di device, situazione ambientale), alle modalità procedurali con corretto proactive assessment (esecuzione blind o con tecniche strumentali di visualizzazione come venipuntura eco-guidata out of/in plane, nIR a seconda della difficoltà di presentazione per evitare un eccessivo traumatismo del vaso), alla gestione del dispositivo per evitare complicanze locali o sistemiche (flush and lock). 
 
  • Sarebbe auspicabile la creazione di un access teamper le procedure in urgenza ed un adeguato training per ciascun operatore (tecniche di simulazione) per raggiungere uno standard ottimale.
Nel setting dell’emergenza possono essere usati i seguenti devices periferici (per esteso vedi prec. Cap.): 
 
  • Dispositivo metallico (butterfly) 
  • Periferici corti (semplici): lunghezza fino a 7,5 cm (preferibile)
  • Cannule lunghe: lunghezza tra 8-15 cm ed apice del dispositivo collocato in sede periferica prossimale 
  • Cannule lunghe: lunghezza compresa tra i 7,5 ed i 20 cm ed apice del dispositivo localizzato in vena ascellare prossimale-succlavia
Nel setting dell’emergenza possono essere anche usati in successione i seguenti devices venosi centrali (CVC) per pazienti clinicamente instabili con posizionamento di accesso venoso periferico difficile o impossibile, anche se effettuato con l’ausilio di tecniche di   visualizzazionee regimi infusionali complessi o con necessità di monitoraggio emodinamico invasivo PICC, CICC, FICC).
 
Percorso per patologie tempo dipendenti
 
Percorso di cura Stroke:
Accesso corto in arto superiore non plegico. Tenere in considerazione PIVC lungo in vena profonda (in caso di grave disabilità prevedibile, solo se necessario dopo aver eseguito percorso diagnostico previsito) 
Percorso di cura SCA:
PIVC singolo arto superiore sn (contro laterale al presumibile accesso radiale), <72 ore.  
Percorso di cura Sepsi:
PIVC vena profonda, > 72 ore tenere in considerazione CVC
Percorso di cura Politrauma / Trauma Maggiore:
PIVC (doppia grossa cannula di cui una preferibilmente lunga se Injury Severity Score>15) 
 
Riferimenti
  • Delibera Giunta Regionale Toscana N 806 del 24-07-2017
  • Emergency Severity Index (ESI) ATriageTool for Emergency Department Care Version 4 Implementation Handbook
  • Recepimento ed applicabilità sul territorio italiano delle principali Linee guida e Raccomandazioni internazionali sugli accessi venosi
  • Royal College of Nursing. Standards for infusion therapy. 4th ed. RCN, editor. LONDON; 2016. 
  • Insertion of peripheral intravenous cannulae in the Emergency Department: factors associated with first-time insertion success P.J. Carr, J.C.R. Rippey, C.A. Budgeon, M.L. Cooke, N. Higgins, C.M. Rickard.

La disposizione

A cura di: Andrea FabbriSilvia Leoni
 
Il posizionamento di un accesso vascolare all’interno di un DEA è spesso un’abilità tecnica sottovalutata data la frequenza del suo utilizzo: il tempo impiegato dagli operatori per reinserire un dispositivo, il tempo di terapia perduto nell’errato posizionamento o nel posizionamento di un presidio sbagliato ha un impatto sulle opzioni di trattamento e un aumento della durata del ricovero associata all’insorgenza di infezioni, con conseguente aumento dei costi e rischio del paziente.
 Lo stato clinico del paziente, la necessità d’indagini di laboratorio e diagnostiche con o senza mezzo di contrasto, le terapie endovenose necessarie guidano il professionista, medico o infermiere, nella scelta della dimensione, del tipo e del situ del catetere venoso periferico, anche la disponibilità di personale qualificato e di team dedicati che utilizzano tecniche di inserimento eco-guidate possono influire sulla scelta. La scelta del dispositivo garantisce all’utente la giusta prestazione nell’ottica della riduzione del rischio e all’organizzazione il giusto controllo dei costi.
È utile chiedersi se sia o meno necessario posizionare un accesso venoso in tutti i soggetti che afferiscono al DEA escludendo quelli a basso rischio, così come quelli, che pur manifestando un problema di salute non differibile ad altro servizio, non necessitano di terapia endovenosa. In caso una terapia endovenosa sia necessaria, è opportuno valutare il tipo di terapia da infondere e il percorso di cura.
I cateteri venosi periferici corti in poliuretano (CVP) infatti, garantiscono una permanenza media di 72 ore, sono indicati per terapie infusive a bassa velocità, con soluzioni a pH neutro e per pazienti la cui degenza è limitata nel tempo, non indicazioni ad infusioni con soluzioni  ipertoniche, iperosmolari, pH fortemente acido/ basico oppure con farmaci che necessitano infusione in vene di grossa portata es. Cordarone opp Ciprofloxacina.  I cateteri venosi con cannula corta in vena periferica sono da considerare per percorsi di cura con necessità di Osservazione breve intensiva (OBI) oppure nei casi con ricovero in regime ordinario all’interno di reparti o settori a bassa intensità di cura.
I cateteri venosi periferici di media lunghezza sono invece dispositivi di accesso venoso che garantiscono la permanenza in situ per più settimane,  l’accessibilità a vasi venosi di più ampia portata e quindi la possibilità di infondere liquidi ad alta velocità  (250 mL/min). Il loro utilizzo all’interno del DEA è indicato per pazienti che richiedono un ricovero prolungato nel tempo  o in presenza di vascolarizzazione periferica di difficile accesso in quanto l’inserimento di questi dispositivi è indicato sia in tecnica blind che eco guidata, riducendo quindi la necessità di numerose veni-punture, la possibile dislocazione o rimozione accidentale, perchè provvisti di sistema di ancoraggio, e ottimizzando il controllo  dei costi e riducendo i rischi per i pazienti. I pazienti eleggibili sono pazienti quindi che necessitano di procedure ALS, ILS o in generale del ricovero in ambienti ad alta complessità e criticità e intensità di cura. 
In assenza d’indicazioni della letteratura ma sulla base dell’esperienza corrente e riguardo alla complessità clinica e ad un livello assistenziale adeguato, sembra indicato posizionare un rangedi linee venose che vanno dall’ago cannule corte in soggetti per i quali è previsto un percorso a bassa intensità di cura, fino a linee venose con cateteri venosi lunghi in vene profonde nei soggetti ad elevata complessità e necessità di assistenza in area semi-intensiva o critica. Tutte le soluzioni comprese fra le precedenti dovranno inevitabilmente tenere conto sia del profilo di complessità del paziente sia dell’offerta tecnologica e organizzativa. 

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